09 Set 2021
Due mesi dopo la riunione dell’Assemblea generale in cui la Francia ha proposto Digione quale futura sede, per rispondere alle necessità immobiliari dell’OIV, la capitale della Borgogna-Franca Contea e il segretario di Stato del ministero dell’Europa e degli affari esteri, Jean-Baptiste Lemoyne, hanno invitato una delegazione degli Stati membri a visitare le varie installazioni che la città offre all’Organizzazione.Un patrimonio eccezionale: l’Hotel Bouchu d’Esterno, un edificio storico del XVII secolo sito nel cuore della cittàDigione propone inoltre diverse sale per riunioni, seminari e congressi dove svolgere le attività dell'Organizzazione. In occasione della visita, il presidente dell'OIV, Luigi Moio, ha fatto presente l’importanza del polo scientifico e di ricerca della città, che offre un ambiente favorevole all’Organizzazione internazionale della vigna e del vino. “Con la futura Cittadella internazionale della gastronomia e del vino di Digione, desideriamo sottolineare il respiro internazionale della città”, ha affermato il sindaco François Rebsamen.Un impegno forte e definitivo dello Stato ospitante“Il trasferimento della sede dell’OIV a Digione presso l’Hotel d’Esterno si inquadra nel posizionamento della Francia nel contesto del multilateralismo”, ha commentato il segretario di Stato Jean Baptiste Lemoyne, che ha altresì ricordato l’attuale tendenza alla decentralizzazione delle istituzioni: “Brest è candidata a ospitare l’Organizzazione meteorologica mondiale e Lione si prepara ad accogliere l’Accademia dell’OMS”.Dopo questa visita, durante la quale i diplomatici hanno avuto l’occasione di apprezzare ciò che Digione ha da offrire all’OIV, gli Stati membri dispongono ora di un periodo di riflessione prima di prendere una decisione per consenso in occasione dell’Assemblea generale che si terrà il prossimo 25 ottobre in questa stessa città.
05 Set 2021
L'Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV) rende omaggio alla celebrazione del Congresso mondiale dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) che si tiene a Marsiglia (Francia) dal 3 all’11 settembre 2021.L’IUCN è la principale autorità internazionale sullo stato della natura e delle risorse naturali nel mondo e sulle misure per la loro conservazione. Insieme alle fondamentali conferenze delle Nazioni unite sulla biodiversità e sul clima di Kunming e Glasgow, il Congresso dell’IUCN è un importante momento di incontro che permetterà di definire nuovi obiettivi e misure per un futuro sostenibile e salutare per le persone e la natura. La conservazione della biodiversità e il suo legame con il settore vitivinicolo rappresentano una delle sfide prioritarie del lavoro e dell’azione dell’OIV e dei suoi 48 Stati membri, come evidenziato dal Piano strategico 2020-2024 dell’Organizzazione il cui obiettivo è quello di promuovere una vitivinicoltura eco-responsabile e di preservare le risorse naturali.Lo sviluppo della biodiversità e della diversità genetica in viticoltura è fondamentale per il settoreDa molti anni l’OIV opera affinché la gestione e la conservazione della biodiversità possano essere integrate in modo sostenibile nel settore. In particolare, la risoluzione OIV-VITI 333-2010, “Definizione di terroir vitivinicolo”, riconosce la biodiversità tra le caratteristiche essenziali del terroir, mentre la risoluzione OIV-CST 518-2016, “Principi generali dell’OIV sulla viticoltura sostenibile”, individua alcuni elementi relativi alla conservazione della biodiversità.I lavori scientifici più recenti e le ultime risoluzioni approvate ribadiscono l’importanza che l’OIV attribuisce alla biodiversità. Nel 2018, l’OIV ha pubblicato un importante documento di competenza collettiva sulla biodiversità funzionale nel vigneto.Inoltre, lo scorso luglio, l’Assemblea generale dell'OIV ha adottato le “Raccomandazioni dell'OIV sulla valorizzazione e sull’importanza della biodiversità microbica nel contesto della vitivinicoltura sostenibile”. Gli Stati membri dell’OIV riconoscono che i microrganismi sono dei potenziali indicatori precoci dell’influenza dei fattori esterni sulla biodiversità del vigneto nel suo complesso e raccomandano di promuovere e incoraggiare lo sviluppo di politiche di valorizzazione quanti-qualitativa dell’abbondanza microbica e della sua biodiversità nel vigneto.
30 Ago 2021
Premi dell'OIV : informazioni e modulo di registrazione per l'edizione 2022 sono disponibili qui.Registrazione: 1 settembre 2021 - 28 febbraio 2022Libri stampati nelle 12 categorie.Strumento digitale interattivo (Siti Web, Webformation) per le categorie : Viticoltura e Vitivinicoltura sostenibile, Enologia, Economia e Diritto vitivinicoli, Storia, Letteratura e Belle Arti, Vino e Salute.Non si accettano riviste, guide commerciali e siti web commerciali.Maggiori informazioni: jurydesprix@oiv.int
12 Ago 2021
Nella sesta relazione di valutazione presentata all’ultima riunione del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell’ONU (IPCC), gli scienziati avvertono che stiamo modificando il clima in modo irreversibile.A partire dal 1950, le ondate di caldo sono diventate sempre più frequenti e intense: è quanto emerge dalla nuova relazione del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC). Questo lavoro, redatto da un gruppo di scienziati le cui conclusioni sono approvate dai governi a livello globale, evidenzia inoltre che l’ultimo quinquennio è stato il più caldo mai registrato dal 1850.Negli ultimi anni abbiamo constatato che il cambiamento climatico ha rappresentato un fattore determinante nell’aumento del rischio e dell’estensione degli incendi. I vigneti non avrebbero, né hanno potuto, sfuggire a questa calamità. Paesi come l’Australia, gli Stati Uniti, il Portogallo, l’Italia e la Grecia si sono trovati in passato o si trovano ora ad affrontare un problema dalle molteplici ripercussioni in ambito enologico.Gli incendi compromettono la sostenibilità ambientale, modificando il terroir e alterando il profumo e il sapore del vino. La grande diffusione dei roghi è una conseguenza diretta del surriscaldamento atmosferico causato dalle emissioni di gas serra derivanti dall’attività umana: la siccità e i venti impetuosi fanno divampare rapidamente le fiamme, rendendone difficoltosa l’estinzione. Le alte temperature provocate dagli incendi possono inoltre arrecare gravi danni all’uva e farla seccare fino a renderla inutilizzabile.Affrontare il cambiamento climatico tramite attività di mitigazione e adattamento è il primo obiettivo della linea strategica I del Piano strategico dell’Organizzazione, “Promuovere una vitivinicoltura rispettosa dell’ambiente”. Piano strategico dell’OIVPer approfondire l’argomento, invitiamo a prendere visione dell’articolo scientifico liberamente consultabile: “Techniques for Mitigating the Effects of Smoke Taint While Maintaining Quality in Wine Production: A Review” (Tecniche per mitigare gli effetti dei contaminanti derivati dal fumo e preservare la qualità della produzione vinicola: una rassegna).Le conclusioni della sesta relazione di valutazione redatta dall’IPCC sono disponibili online, sull’atlante interattivo del Gruppo di lavoro I dell’IPCC.Gli incendi compromettono la sostenibilità ambientale, modificando il terroir e alterando il profumo e il sapore del vino.
04 Ago 2021
In occasione dell’ultima Assemblea generale, l’OIV ha adottato mediante consenso l’aggiornamento delle definizioni di indicazione geografica e denominazione di origine (OIV-ECO 656-2021). Il Gruppo di esperti “Diritto e informazione del consumatore” (DROCON) della Commissione III “Economia e diritto” dell’OIV ha lavorato per diversi anni a questa risoluzione, al fine di armonizzare le definizioni a quelle attualmente presenti nei principali accordi internazionali sulla proprietà intellettuale.* Questa risoluzione si inserisce nel percorso normativo dell’OIV, che adottò la prima definizione internazionale di denominazione nel 1947. Poi, nel 1992, adottò la definizione di indicazione geografica riconosciuta e aggiornò quella di denominazione di origine riconosciuta (OIV-ECO 2/92). Con il nuovo testo del 2021, la risoluzione del 1992, divenuta ormai obsoleta, è stata abrogata lasciando il posto a due nuove definizioni in linea con le definizioni internazionali dell’OMPI e dell’OMC. L’OIV ha svolto da sempre un ruolo decisivo nella definizione, nella promozione e nella protezione dei concetti di denominazione di origine e indicazione geograficaCresce l’interesse per le denominazioni geografiche patrimonialiQueste nuove definizioni tengono conto dell’importanza crescente dell’uso delle denominazioni geografiche, elementi di un patrimonio nazionale, nella designazione dei vini e delle bevande spiritose di origine vitivinicola, nonché il diritto degli Stati membri a proteggere tali denominazioni conformemente agli accordi internazionali. L’OIV ha inoltre voluto ricordare che le indicazioni di provenienza o le denominazioni di origine sono oggetti di proprietà industriale e hanno diritto alla stessa protezione internazionale, in particolare per quanto riguarda le regole di concorrenza sleale.Queste nuove definizioni tengono conto dell’importanza crescente dell’uso delle denominazioni geografiche, elementi di un patrimonio nazionale, nella designazione dei vini e delle bevande spiritose di origine vitivinicolaL’OIV ha svolto da sempre un ruolo decisivo nella definizione, nella promozione e nella protezione dei concetti di denominazione di origine e indicazione geografica. Nelle definizioni del 1992 e in quelle del 2021, che riflettono quelle dell’OMC del 1994 e dell’OMPI del 2015, l’OIV prende in considerazione il ruolo che i marchi di origine hanno progressivamente acquisito nel settore vitivinicolo, pioniere in quest’ambito della proprietà intellettuale.Le nuove definizioni
Con la nuova formulazione, per indicazione geografica si intende:Qualunque denominazione protetta da parte delle autorità competenti nel paese di origine, che identifica un vino o una bevanda spiritosa come originari di una specifica area geografica, quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del vino o della bevanda spiritosa siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica.
La denominazione di origine, per gli Stati membri che riconoscono il termine, è definita come segue:Qualunque denominazione riconosciuta e protetta da parte delle autorità competenti nel paese di origine, che consiste o contiene il nome di un'area geografica o un'altra denominazione attraverso la quale è noto che ci si riferisce a tale area, volta a designare un vino o una bevanda spiritosa come originari di tale area geografica, quando la qualità o le caratteristiche del vino o della bevanda spiritosa siano esclusivamente o essenzialmente attribuibili all'ambiente geografico, compresi i fattori naturali e umani, e che ha conferito al vino o alla bevanda spiritosa la sua notorietà.*Per l’IG si fa riferimento all’articolo 22 dell’Accordo TRIPS (1994), mentre per la DO all’articolo 2.1, punti i) e ii), dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona (2015). Le definizioni di indicazione geografica e denominazione di origine nuovamente aggiornate dall’OIV includono ormai i concetti di notorietà e di protezione delle autorità competenti degli Stati.
11 Lug 2021
Un nuovo mandato presidenziale di tre anniDue dei punti all’ordine del giorno dell’Assemblea generale di quest’anno erano particolarmente attesi. Innanzitutto, l’elezione del nuovo presidente dell’OIV, che per i prossimi 3 anni sarà Luigi Moio. Il nuovo presidente prende il posto di Regina Vanderlinde. In secondo luogo, il rinnovamento del Comitato scientifico e tecnico, con l’elezione dei nuovi presidenti dei suoi organi costitutivi. Leggi il comunicato stampa completo
11 Lug 2021
Sarà un italiano il presidente dell'Organizzazione internazionale della vigna e del vino per i prossimi tre anni, dopo la brasiliana Regina Vanderlinde.Luigi Moio è professore di Enologia presso l’Università di Napoli e direttore dell’Istituto di Scienza della Vigna e del Vino. Per oltre 25 anni si è occupato degli aspetti sensoriali, biochimici e tecnologici dell’aroma del vino. È autore di circa 250 pubblicazioni scientifiche, con un indice H di 41 su Google Scholar, 32 su Scopus e 32 su WOS, con oltre 4800 citazioni su Google Scholar, 2800 su Scopus e 2900 su WOS.Luigi Moio, il nuovo presidente dell'OIVDal 1998 collabora con il ministero delle Politiche agricole italiano in qualità di esperto scientifico. Dal 2009 al 2014 è stato presidente del Gruppo di esperti "Tecnologia” dell’OIV e dal 2015 al 2018 della Commissione “Enologia” dell’Organizzazione. È già stato secondo vicepresidente dell’OIV.È membro dell’Accademia dei Georgofili e dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino. Autore di libri e articoli sugli aspetti scientifici dell’enologia, viene spesso intervistato dalle emittenti nazionali italiane sulle tematiche relative al settore vitivinicolo. Nel 2016 ha pubblicato per Mondadori il libro Il Respiro del Vino, un saggio scientifico sul profumo del vino che ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Il libro, alla sua decima edizione, ha venduto circa 30.000 copie in Italia. Nel 2020 ne è stata pubblicata un’edizione in francese con il titolo Le souffle du vin per la casa editrice Éditions France Agricole.Nel 2001 ha fondato l’azienda vinicola Quintodecimo, nella quale produce vini di grande qualità con le denominazioni più prestigiose della Campania.Durante l’Assemblea generale sono stati eletti anche i presidenti degli organi scientifici dell’Organizzazione:Commissione I “Viticoltura”Ahmet Altindisli (Turchia), che succede a Vittorino Novello (Italia)Commissione II “Enologia”Fernando Zamora (Spagna), che succede a Dominique Tusseau (Francia)Commissione III “Economia e diritto”Yvette van der Merwe (Sudafrica), che succede a Dimitar Andeevski (Bulgaria)Commissione IV “Sicurezza e salute”Pierre-Louis Teissedre (Francia), che succede a Gheorghe Arpentin (Moldova)Sottocommissione “Metodi di analisi”Manuel Humberto Manzano (Argentina), che succede a Markus Herderich (Australia)Sottocommissione “Uva da tavola, uva passa e prodotti non fermentati della vite” Luís Peres de Sousa (Portogallo), che succede ad Alejandro Marianetti (Argentina)
03 Lug 2021
Thomas Jefferson, l’araldo del vinoAzélina Jaboulet-Vercherre Professoressa associata, Ferrandi Paris Ogni uomo di cultura ha due patrie: la propria e la Francia1 Thomas Jefferson (1743-1826), uno dei padri della democrazia americana, autore della Dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776), è ricordato come ardente difensore del vino. Il suo profilo d’enofilo ben lo situa nel suo secolo al contempo consacrandolo come precursore, quale gustoso paradosso. Il vino, stendardo della moderazione Uomo del suo tempo, come dimostravano il suo carattere cosmopolita, la sua cultura umanista e le sue posizioni filosofiche, fu categorico: il vino è distinto dagli alcolici. Ma, come fecero anche gli oppositori alle ambizioni proibizioniste della prima ora, è andato ben oltre, imponendo il vino come rimedio all’alcolismo. Così facendo, si collocò nel nutrito gruppo di medici eruditi che, rifacendosi al corpus ippocratico, avevano annoverato il vino tra gli strumenti terapeutici più efficaci. Un ambasciatore tra i vigneti Durante la sua permanenza a Parigi (1784-1789) in qualità di ministro plenipotenziario in Francia dei nascenti Stati Uniti d'America, il “foreign gentleman” (come si compiaceva di autodefinirsi) ha percorso in lungo e in largo sotto mentite spoglie la Francia e i suoi vigneti, rafforzando ancor di più la sua convinzione dei benefici del vino sulla salute fisica e mentale2. I suoi quaderni di appunti ci guidano sulle tracce di questo esteta del vino e dei vigneti, in grado di apprezzarli anche per la loro bellezza3. Ne otteniamo una serie affascinante di percorsi enoici presentati in modo immaginifico e personale. Nei suoi scritti, effettivamente, il vino acquista una vita degna di un personaggio da romanzo, carico di brio. Le sfumature del suo pennello creano ritratti golosi di vini che accendono un desiderio imperioso di assaporarli e di percorrere i filari dove essi hanno origine. Nei suoi quaderni, il pittoresco va a braccetto con l’osservazione rigorosa. Valore diplomatico Il diplomatico gentleman aveva un gusto sicuro e proclamava le sue preferenze. Degustatore ispirato, ha elaborato una classificazione dei vini bordolesi che è possibile accostare a quella, più nota, del 1855. Ci si dimentica talvolta l’origine contabile (ispirata ai dati forniti dai mercanti della Place su richiesta di Napoleone III) di quest’ultima. Jefferson non trascurava neanche gli aspetti più materiali (il prezzo e l’impatto fiscale) e tecnici (i metodi viticoli). Eppure, ci piace credere che la sua classificazione è più sensoriale, più sensualista – più estetica. Rimaniamo incantati nel sentirvi le eleganti eco di una vita mondana di successo. Jefferson non si è fermato ai due “mostri sacri” del vigneto francese (Borgogna e Bordeaux), ma ha percorso anche le terre viticole del sud della Francia, dell’Italia settentrionale e poi quelle del Reno, della Mosella e della Sciampagna. Tale collezione, con gli anni e grazie al suo profilo di degustatore, è cresciuta abbellendosi del Rodano, della Linguadoca-Rossiglione, e ancora della Spagna e del Portogallo. La sua curiosità, la sua energia e la sua capacità di concentrazione furono tutte messe al servizio della sua passione di enofilo, consentendogli di sormontare le difficoltà della spedizione del vino (durata dell’instradamento, condizioni climatiche, assalti dei pirati…). Preferiva gli scambi diretti con i produttori – sia per le condizioni economiche che per la conversazione – al punto da divenire un referente per le autorità fiscali. Un uso intelligente della via diplomatica ancora oggi difficilmente immaginabile. Celebrazione del vino Grazie tra gli altri a Lafayette, ha potuto apprezzare la vita delle menti più brillanti dell’Illuminismo parigino. Possiamo immaginarlo a suo agio in quei saloni, lo spirito vivace quanto il vino che descrive (chiama brisk i vini che oggi chiamiamo “perlant”, ossia i vini leggermente frizzanti). Jefferson non era un collezionista nel senso museale del termine. Per lui bere era una celebrazione. Un augusto personaggio amante di una misurata mondanità. Nessuno contestava allora la sua convinzione che il vino fosse cosa seria. Ed era dunque importante non svilire il momento della sua degustazione, in quanto quello in cui se ne accoglie la sensazione, l’emozione, la cultura: il senso storico. Un siffatto puritano ha trovato così nel vino un potente strumento d’evangelizzazione, non potendo il buon gusto prescindere dalla morigeratezza. Egli comprendeva il ruolo sociale del vino: il “saper vivere” non potrebbe esser compreso senza il “saper bere”. E quei saperi, all’epoca, erano francesi. Si trattava di esportare e replicare il modello, già immaginava il primo wine connoisseur della nuova America. Non dimentichiamo quindi, in onore a Jefferson, a sua volta erede della millenaria civilizzazione, il ruolo del vino quale nobile mezzo di espansione del sapere e gustoso strumento di espressione culturale. --------------------------------------- 1 Thomas Jefferson, citato in Bernard Ginestet, Thomas Jefferson à Bordeaux et dans quelques autres vignes d’Europe, Bordeaux, Mollat, 1996, pag. 118. 2 Della ricca bibliografia sul vino e su Jefferson, cito in particolare John Hailman, Thomas Jefferson on wine, Jackson, University Press of Mississippi, 2006; Jim Gabler, Passions: The Wines and Travels of Thomas Jefferson, Baltimore, Bacchus Press, 1995; Jim Gabler, An Evening With Benjamin Franklin and Thomas Jefferson: Dinner, Wine, and Conversation, Baltimore, Bacchus Press, 2006; Frederick J. Ryan, Jr., Wine and the White House: a History, The White House Historical Association, 2020, pagg. 20-25. 3 Thomas Jefferson, Thomas Jefferson’s European Travel Diaries, ed. James McGrath Morris, Persephone Weene, Ithaca, Isidore Stephanus Sons, 1987.
29 Giu 2021
L’OIV ha appreso con soddisfazione la notizia della nascita del consorzio tra Viña Concha y Toro (Cile), Moët Hennessy (Francia), Sogrape (Portogallo), Familia Torres (Spagna) e Yalumba Family Winemakers (Australia) finalizzato a contribuire e a promuovere la diffusione del lavoro scientifico e tecnico dell’Organizzazione.Comunicato stampa
28 Giu 2021
In vino veritas. Tutti abbiamo già sentito questa espressione, ritenendola magari latina. E invece, come spesso è accaduto, i romani la ripresero dal greco: οῖνος καὶ ἀλήθεια (oinos kai aletheia). La ritroviamo già nel VI secolo a.C. nel poeta Alceo (Frammenti, 333), quindi in Ateneo (Deipnosofisti, II), poi in Plutarco (Vita di Artaserse), prima di leggerla in Cicerone (Topica) e ancora nel Talmud babilonese (Eruvìn 65a). Nei circoli enofili, in particolare nella Loira, si duella a colpi di citazioni dei precetti di Rabelais. A riempire i calici è l’immagine stessa dell’arrivo in tavola della divina bottiglia. Tuttavia, in Rabelais, la presenza fisica stessa del vino è eclissata dalla sua essenza divinatoria. Nel Quinto libro (cap. XLV), quando scrive che “di vino, divino si diventa”, egli evoca l’abbraccio di una religione, o quantomeno l’inizio di una ricerca spirituale che trascenda, e molto, dal materialismo. Nel suo “pantagruelismo”, se emerge un carattere orgiastico, esso riguarda null’altro che il sapere. L’ingestione è finalizzata all’elevazione dell’anima. Il corpo è l’umile mezzo per l’esaltazione dello spirito. “Il riso è proprio dell’uomo”, scrive ancora, e ben prima di Bergson. Ma citare questa dichiarazione per sé sola dà una lettura totalmente errata. E difatti, egli si corregge con queste parole: “Non il ridere, ma il bere è proprio dell'uomo […] 1”. Queste verità, o anti-verità, sono parte della genesi della storia del vino e meritano rinnovata attenzione.
Il mio percorso di storica medievalista mi impone di restituire al loro contesto le nobili parole della storia del vino, al fine di renderne ai rispettivi autori la paternità e la portata, siano questi dei dilettanti alle prime armi, o autori affermati o confermati.Le brevi cronache di questa nuova Nota enoculturale, periodico memento della mia lealtà all’OIV, al vino e alla storia, mi offrono l’opportunità di condividere il modo in cui questi grandi personaggi che ho selezionato per voi testimoniano il loro legame con la nostra bevanda prediletta. Faremo quindi di loro i nostri interlocutori privilegiati, una sorta di intercessori che, mi auguro, ci accompagneranno nella comprensione del nostro intimo rapporto con il vino. Azélina Jaboulet-Vercherre Azélina Jaboulet-Vercherre - Storica del vino Da quando ha ottenuto il Dottorato in Storia presso la Yale University nel 2011, Azélina Jaboulet-Vercherre progetta corsi di Storia e cultura del vino per diversi istituti universitari, in particolare per Ferrandi Paris, dove è attualmente professoressa associata. Nel 2019, il Comitato scientifico e tecnico dell’OIV ha nominato Azélina presidente della Giuria internazionale dei Premi dell’OIV. ____________ 1 Quinto libro, capitolo XLV, “Come qualmente Bacbuc interpreta il responso della Bottiglia”.
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