L’OIV come punto di riferimento tecnico della nuova normativa cilena

02 Feb 2020

Dopo aver sottolineato il carattere intergovernativo, scientifico e tecnico dell'Organizzazione internazionale della vigna e del vino e il suo ruolo nel facilitare il commercio internazionale, il Cile ha emendato la propria normativa vitivinicola per prendere in considerazione alcune raccomandazioni dell’OIV, di cui è uno dei 47 paesi membri.

Il 24 dicembre 2019, il governo del Cile ha promulgato il nuovo decreto n. 9 che modifica il decreto n. 78 del 1986 del ministero dell’Agricoltura. Quest’ultimo disciplina la legge n. 18.455 che sta alla base delle norme di produzione, elaborazione e commercializzazione degli alcol etilici, delle bevande alcoliche e degli aceti. Alcune modalità sull’applicazione del decreto sono precisate nella risoluzione 826/2020 del Ministero dell’Agricoltura pubblicate il 30 Gennaio 2020.

Il nuovo decreto, entrato in vigore il 1° gennaio 2020, ricorda che alcune pratiche enologiche, elaborate e raccomandate dall’OIV, rappresentano un progresso tecnologico importante per la produzione del vino e ne migliorano la competitività nel commercio internazionale. Vengono integrati dunque: il trattamento con poliaspartato, il trattamento con il glutatione (mosti / vini) e il trattamento con fibre vegetali selettive per la riduzione del contenuto di ocratossina A o di prodotti fitosanitari.

Questo aggiornamento della normativa del Cile dimostra l’importanza dell’integrazione delle norme dell’OIV nelle legislazioni nazionali o sovranazionali per risolvere le barriere tecniche al commercio.

Le disposizioni del decreto n° 9 riguardanti l’uso dell’acqua

Questo decreto modifica alcune disposizioni relative all’uso dell’acqua nella produzione del vino. In determinate condizioni, l’aggiunta di acqua diventa una pratica autorizzata per ridurre il contenuto di zucchero dei mosti che presentano un valore superiore a 23,5 °Bx. Questa pratica non è consentita dall’OIV. La risoluzione 826/2020 non solo introduce delle esigenze rigorose in termini di obbligo per le aziende di tenere registri con i dati e i volumi dei trattamenti realizzati sotto la responsabilità di un enologo, ma anche la dichiarazione per il servizio di controllo del Ministero dell’Agricoltura di acqua utilizzata e il livello di sottrazione che non deve condurre a meno di 23,5° Brix il mosto trattato.

La résolution 826/2020 introduit quant à elle des exigences strictes en termes d’obligation pour les entreprises de tenue des registres avec des dates et volumes des traitements réalisés sous la responsabilité d’un œnologue, ainsi que de déclaration au service de contrôle du Ministère de l’Agriculture de quantité d’eau utilisée et du niveau de réduction qui ne doit pas conduire à moins de 23,5° Brix le moût traité.

La normativa cilena ammette anche l’uso dell’acqua nel corso della vinificazione per solubilizzare gli additivi e reidratare i lieviti di fermentazione. L’aumento del volume del mosto non può eccedere il 2% del volume iniziale. Passando dal 5 al 2%, il decreto esclude dunque l’acqua utilizzata per la pulizia delle attrezzature di pressatura che cessa di essere considerata una pratica di vinificazione.

Inoltre, durante l’elaborazione del vino, è consentito usare l’acqua per sciogliere gli additivi e i prodotti enologici. In seguito a questi trattamenti, il volume non può aumentare di più del 1,5% del volume iniziale del vino (il limite precedente era del 2%).

Le differenze nelle normative nazionali circa l’utilizzazione dell’acqua possono costituire un problema commerciale che l’OIV tenta di risolvere mediante l’armonizzazione della regolamentazione.